Gianfranco Pasquino – Tra scienza e politica

«Molti sabati pomeriggio di quel dolce autunno del 1974 a Harvard li passammo a giocare al pallone nel campetto dietro casa. Mario Draghi era spesso con noi, ma certo, giocatore piuttosto lento e poco grintoso, non era il più dotato in quello sport.»

Gianfranco Pasquino nei suoi primi lunghi ottant’anni di vita e attività è stato molte cose: allievo ed erede di Nor­berto Bobbio e Giovanni Sartori, docente a Harvard, editorialista nei principali quotidiani, ospite impertinen­te dei talk show, ma anche “quasi sindaco” di Bologna – candidatura avventurosa, per la quale nutre qualche rammarico. Però sono più numerose le gioie, le soddisfa­zioni e le vicissitudini a lieto fine dentro questa autobio­grafia, in cui Pasquino dipana il filo della memoria Tra scienza e politica, con sapienza e leggerezza.

Lo vediamo muovere i primi passi accademici a Torino, nelle aule universitarie che Nicola Abbagnano disertava senza avvisare, sostituito prontamente da un giovane as­sistente sconosciuto che iniziava gli studenti alla semioti­ca (era Umberto Eco). Lo seguiamo poi negli Stati Uniti, dove ha la fortuna di approdare da ragazzo durante anni cruciali per la storia mondiale: siamo accanto a lui quan­do, allo scoppio delle tensioni per la guerra in Vietnam, durante un incontro con Robert F. Kennedy non riesce a trattenersi dal porgli una domanda scomoda sulle lacune delle indagini riguardanti la morte del fratello JFK. E via via lo ritroveremo poi coordinatore del Dizionario di politica diretto da Bobbio e Matteucci, frequentatore dei college di Oxford e Cambridge (ma anche dell’Old Traf­ford), testimone della fine del Pci al congresso di Rimini, sostenitore di Napolitano al Quirinale (che nel ringra­ziarlo via mail sembrava tuttavia declinare l’invito, dicen­dosi umilmente «lieto della mia carica di senatore a vita»), animatore di riviste e pungolatore di avversari, arguto elzevirista e soprattutto fedelissimo tifoso del Toro. Non mancano infatti i ricordi personali e le perso­ne importanti della sua vita privata, sfiorata con il pudore che si confà a un torinese doc.

Tra un seminario di Norberto Bobbio, un dissidio con Eugenio Scalfari e una stoccata a Matteo Renzi, Pasqui­no si dimostra tuttora un politologo «troppo imprevedi­bile» (come lo definì polemicamente Ferruccio de Borto­li), che non si è limitato a studiare, ma si è impegnato in politica e in parlamento per contribuire a cambiare l’Ita­lia. Un intellettuale outsider tra le circostanze del desti­no, che grazie a una intelligenza affilata e a occasioni fortunate (nonché a una notevole dose di autoironia) si è ritrovato non solo testimone d’eccezione, ma comprima­rio illustre del secondo Novecento.

GIANFRANCO PASQUINO (Torino, 1942), allievo di Norberto Bobbio e di Giovanni Sartori, è professore emerito di Scienza politica all’Università di Bologna. Associate Fellow alla SAIS-Europe di Bologna, è stato direttore, dal 1980 al 1984, della rivista “il Mulino” e, dal 2000 al 2003, condirettore della “Rivista italiana di Scienza politica”. Dal 2010 al 2013 presidente della Società italiana di Scienza politica, è autore di numerosi volumi, i più recenti dei quali sono Cittadini senza scettro. Le riforme sbagliate (2015), Bobbio e Sartori. Capire e cambiare la politica (2019, tradotto in spagnolo nel 2020) e Italian Democracy. How It Works (2020). È particolarmente orgoglioso di avere condiretto insieme a Norberto Bobbio e Nicola Matteucci per Utet il celebre Dizionario di politica (2016, nuova edizione aggiornata). Per Utet ha inoltre pubblicato La Costituzione in trenta lezioni (2016), L’Europa in trenta lezioni (2017) Minima politica (2020) e Libertà inutile (2021). Dal luglio 2005 è socio dell’Accademia dei Lincei.

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